Nella crisi imprevista un pensiero ai precari dello sport

In questa pagina trovate le decisioni della Presidenza nazionale del Centro Sportivo Italiano rispetto alla sospensione di tutte le attività sportive e formative in calendario fino al 3 aprile prossimo. Siamo consapevoli di dover seguire attentamente e responsabilmente le indicazioni ministeriali sulla sospensione delle attività socio– economiche che sono arrivate anche a coinvolgere tutte le scuole di ogni ordine e grado. Così come dobbiamo capire che questo è un momento molto serio, non è il tempo dei cavilli e degli interessi personali, ma della coesione e dei sacrifici da condividere tutti. Stiamo assolutamente alle disposizioni in atto, coscienti delle difficoltà che simili decisioni provocano nel nostro mondo ma consapevoli allo stesso tempo che chi ha la responsabilità di fare queste scelte è in perenne raccordo con gli esponenti più illustri della scienza medica. Lo ribadiamo con determinazione: lo sport si deve fermare non solo perché ci viene imposto da un decreto del Presidente del Consiglio dei Mini-stri, ma perché è l’unica cosa possibile da fare per tutelare la salute dei nostri atleti e dirigenti poiché questo è l’unico mezzo che abbiamo per evitare il diffondersi del contagio. Non lo dico io ma professionisti d’altissimo profilo autorevolmente ascoltati in tutto il mondo. Anche per me prendere questa decisione non è stato facile, e posso dire che mi è costata tanto perché sono consapevole dei disagi e dei danni che ricadranno su chi fa attività sportiva ma soprattutto su chi la propone e la gestisce. I danni sono enormi e diffusi: dai gestori degli impianti, che sono in grande difficoltà, alle società sportive, a tutti i responsabili delle attività connesse. Anche i nostri Comitati provinciali sono stati messi in crisi: c’è il rischio di indebolire sensibilmente i Comitati più forti e strutturati e il rischio di vedere sparire quelli più deboli, che già facevano fatica e vivevano grazie all’eroico impegno dei pochi dirigenti generosi. Poi ci sono gli addetti ai lavori, gli allenatori, gli istruttori, gli assistenti bagnanti e tanti altri ancora.

Categorie di lavoratori spesso giovani che hanno sempre ricevuto il compenso sportivo, una forma di pagamento che è stata l’architrave della gestione dello sport. Non voglio ora fare la parte di chi afferma: “ve l’avevo detto”. Quante volte ho chiesto una riflessione su questi temi, quante volte ho evidenziato che così il sistema era fragile. So che mi si risponderebbe che quello era l’unico modo per stare in piedi.

Mi rendo conto che è inutile stare oggi a fare analisi su quello che si doveva fare e non si è fatto, o su cosa saremo chiamati a fare in un futuro nebuloso e incerto. Ora siamo nel bel mezzo di una crisi imprevista e imprevedibile che mette tante persone su una strada senza nessun tipo di ammortizzatore sociale; questo è il dramma. Siamo consapevoli delle difficoltà che il Paese si trova ad affrontare perché i problemi sono tanti e le persone da aiutare ancora di più ma chiediamo di non lasciare le persone che senza colpa alcuna si trovano ora senza nessun reddito.

È evidente che sugli errori del passato e su come affrontare il problema lavoro nello sport in maniera equa e sostenibile per tutti, avremo tempo dopo la ripresa della vita sociale, sportiva e civile. Una ripresa che non sarà un ritorno al passato ma che auspichiamo più rapida possibile. Ora siamo in grave emergenza, prendiamone atto e proviamo a risolverla collaborando e rimanendo uniti sugli obiettivi da conseguire.